Quest’uomo straordinario si chiama Ferruccio Laffi, ha 94 anni ed è uno degli ultimi e pochissimi sopravvissuti della Strage di Marzabotto.
Li ammazzarono uno per uno, nelle case, nelle cascine, persino nelle chiese, donne, anziani e bambini, alcuni fucilati sul posto, altri bruciati vivi, altri ancora decapitati. In tutto alla fine saranno 1830 le vittime. Per una settimana intera. Non importava se avessero combattuto o no, se fossero o meno partigiani. I nazisti erano arrivati sull’Appennino bolognese con un piano preciso in testa: ammazzare qualunque essere umano in grado di respirare. E così fecero.
Ferruccio Laffi si salvò per miracolo, andandosi a nascondere nel bosco. Quando tornò a casa e vide quei 14 corpi, li seppellì uno per uno con le sue mani. Avete idea di cosa significhi una cosa simile, a 16 anni, solo al mondo?
Ha trascorso metà della sua vita a cercare di dimenticare l’orrore.
E, quando ha capito che era impossibile, ha cominciato a raccontarlo. A testimoniare. A denunciare, a chiedere (e infine ottenere) giustizia. Perché altri, dopo di lui, non lo potessero più cancellare.
Il 29 settembre di 78 anni fa cominciava la strage di Marzabotto, una delle più grandi ferite della storia dell’Umanità, proprio lì, a due passi da Bologna.
A Ferruccio Laffi, a questa memoria vivente, l’omaggio e il pensiero di tutti noi. Guai dimenticare.
Lorenzo Tosa .
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