CONVEGNO DI RIFLESSIONE SUL
DEGRADO DI VARESE
E DEL SUO HINTERLAND
GIOVEDÌ 25 SETTEMBRE, ORE 20.45,
TEATRO SANTUCCIO, VIA SACCO 10, VARESE
Varese e il suo territorio sono ormai una terra desolata. Il termine ricalca il titolo di un poema di T.S. Eliot, The waste
Land, scritto durante la prima guerra
mondiale. Waste indica una landa così
devastata nella sua morfologia ambientale e nella sua storia, da risultare
socialmente sterile, infelice, martoriata, inospitale, poco vivibile. Quel titolo
ci è parso una metafora utile a raffigurare la condizione della nostra terra, Varese e il Varesotto: il
territorio dove siamo nati e cresciuti, o dove siamo venuti a vivere, o dal
quale ci siamo allontanati ma che sempre serbiamo nel cuore, perché lì sono le
nostre radici, e perché, come insegna il Cipresso 9, “non c’è futuro senza radici”.
Dobbiamo facilitare una presa d’atto della
realtà. Varese è una città in declino: sul piano economico e sociale,
anzitutto; in ambito demografico; sul piano urbanistico; nel patrimonio
artistico, paesaggistico, storico, culturale e ambientale, di cui sopravvivono
ormai poche vestigia, emergenze sempre più isolate; nella qualità della vita;
nella tutela dei beni comuni; nei servizi; nella cultura.
Varese è una città impoverita. La ricchezza
reale di una comunità si misura non già dalla media dei redditi monetari individuali,
ma dai grandi redditi indiretti che derivano dallo sviluppo sociale, dalla
qualità della vita, dai beni comuni, dai servizi a disposizione, dai tessuti
relazionali che si instaurano, dal tono del vivere civile e dell’etica
pubblica. Varese è una ex città industriale che ospita un terziario arretrato.
Varese sta transitando in modo lento ma inesorabile da un profilo sviluppato ad
uno di desviluppo. É una città dormitorio, male in arnese e fortemente
atomizzata, disgregata, frantumata sul piano sociale.
Questa è la realtà di cui occorre prendere
atto. Nessuna azione collettiva di cambiamento va lontano se non è sostenuta da
una presa d’atto della realtà E la presa
d’atto della realtà non serve se non suscita un’azione collettiva che valga a
cambiarla, possibilmente muovendo dal basso.
La giunta che governa Varese manca di cultura
e di sensibilità democratica: non ascolta e non consulta la città, tratta i
cittadini come sudditi, considera la politica come una roba del Palazzo. Questo
atteggiamento si è scontrato con i molti fermenti che si agitano nello spirito
e dell’intelligenza di chi è sensibile alla vita e al futuro della città. I localisti
dichiarati mostrano di odiare Varese, e da tempo operano per la sua rovina. Chi
localista non è ma ama il proprio mondo vitale, nonostante le irrimediabili
ferite che ha patìto, è invece l’ultimo, estremo difensore e paladino delle
radici locali e di una città che non si rassegna alla devastazione, al declino,
all’impoverimento.
Da
mesi Varese conosce un crescente risveglio. Sono nati tanti piccoli rivoli. Oggi
possono divenire, confluendo, un torrente, forse un fiume di semplici
cittadini, che operano con le competenze di cui dispongono, con le energie e le
saggezze dei loro 20 o 80 anni, con la passione civile che non ha né etichetta
né età ma che consente a persone diverse per età, storia, cultura e opinione
politica età di incontrarsi, capirsi, unire gli sforzi.
L’elenco delle sofferenze con cui
empatizziamo è lungo.
Oggi siamo cipressi che non vogliono morire. Siamo
tutti appollaiati su un ramo con Michele Forzinetti.
Domani saremo un Patrimonio mondiale dell’Umanità
che vuole essere preservato nella sua sacralità e nella sua bellezza da un
parcheggio profanatore, inutile,
dispendioso: una scelta sbagliata, con obiettivi illusori ma irrimediabile. Non
servirebbe ad attrarre turisti per Expo, semmai li allontanerebbe, perché la
bellezza ferita non attira nessuno. La giunta non ha voluto promuovere un
referendum, prendere in considerazione seimila firme, ascoltare illustri pareri
contrari e lo sgomento popolare.
Dopodomani saremo l’acqua pubblica della
città minacciata da un’inutile cava testardamente voluta dai potentati
regionali e dai soliti cavatori, benché il mercato edilizio sia fermo e in
spregio dei beni comuni, nei pressi del rione di Cascina Mentasti, o le falde
inquinate dai lavori (ora interrotti a danno fatto), per il collegamento
ferroviario tra Arcisate e Stabio.
O saremo una Caserma storica che non vuole
essere abbattuta a scopi speculativi, ma essere risanata e destinata a scopi
sociali. O Villa Mylius, destinata a un
noto chef, forse interessato a ricevere un finanziamento ma ben consapevole che
Varese è priva di tradizioni gastronomiche e non può competere con centri di
formazione già esistenti ad Alba o a Parma. O l’ossigeno delle acque di un lago
asfissiato dalle alghe putrescenti prodotte da un colpevole inquinamento. O un
ippodromo che vuole essere rilanciato, nonostante lo scempio dell’ATA Hotel,
che ha tolto uno spazio vitale alle scuderie, e nonostante l’abbandono in cui
versa, e non finire oggetto dell’ennesima speculazione senza più mercato. O una
qualunque piazza o viale che pretendono di essere rialberati. O una palazzina
da risanare che attende una destinazione utile. O un’antica casa che attende di
essere restaurata, e non di vedere annullato
il suo valore a favore di quello dell’area edificabile. O un castello
medioevale che pretende di essere preservato come vestigio della storia
cittadina. O una villa Napoleonica che non vuole essere degradata ad albergo.
Saremo
una città che urla: “Basta cemento”, che implora “Più verde” e “Più concerti”,
più vita collettiva, più cultura. E via elencando, di malefatta in malefatta,
di errore in errore, di sfregio in sfregio, d’incuria in incuria, di cinico
menefreghismo in cinico menefreghismo. Nel segno di una continuità che ha un
solo nome: Malgoverno.
Per dare voce a tutte queste sofferenze; per
salvare quel che si può ancora salvare; per imprimere una svolta nella vita
pubblica; per risvegliare una città assopita; per ridestare alla speranza una
moralità e un’etica civica umiliate e offese; per fermare la mano a chi rifiuta
di ascoltare il nostro grido di dolore e preferisce andare avanti imperterrito;
per unire i rivoli in un torrente e forse in un fiume; perché a una politica chiusa
nel palazzo ne subentri una che esprima una città viva, orizzontale e dal
basso, tra spiriti liberi, e che rigeneri il ruolo insostituibile dei partiti,
per
tutte queste ragioni è stato promosso il convegno La terra desolata.
Sono invitati a parteciparvi chi ama la
città, chi considera le residue bellezze e risorse di Varese un bene comune da
salvare, chi vuole un nuovo modello di sviluppo locale e di gestione della
città e dell’hinterland che le gravita attorno. Diamo insieme un segno di vita,
di speranza, di riflessione comune! Rimettiamo l’intelligenza delle cose e uno
sguardo lungo, non affaristico, al centro dei nostri intendimenti e dei nostri
atti! Torniamo a pensare e, pensando, ad agire e a sperare! Non deleghiamo alla
politica, ma riprendiamo uno spazio civico che aiuti la politica a risorgere, a
migliorarsi, a tornare alle sue funzioni
civiche originarie, senza rozzezze antipolitiche o slogan qualunquisti del tipo
“Son tutti uguali, son tutti ladri”.
Il convegno è scandito in tre capitoli: la presa d’atto della realtà di Varese; le grida di dolore (le questioni più
urgenti e drammatiche); la convergenza
degli sforzi dell’associazionismo e dei cittadini. Vi saranno vari interventi,
compresi tra i 15 e i 5 minuti, tutti qualificati, con figure di spicco della
città – quasi una intelligenza collettiva posta al lavoro. Vi saranno
intermezzi poetici, letterari, autobiografici e musicali; l’intelligenza
collettiva è anche festosità collettiva, un sorriso stampato su molte labbra.
Il convegno è promosso dalle Piccole Vedette Lombarde, un gruppo
nato casualmente su Facebook per
salvare i cipressi dei Giardini Estensi, e che poi è stato spinto a procedere
dall’entusiasmo suscitato. Non è l’ennesima associazione: siamo semplici
cittadini attivi a titolo individuale, senza fini politici privati e diretti,
senza vincoli partitici o subalterne appartenenze. Siamo dei “volontari”, truppe
pacifiche al servizio delle tante cause giuste promosse dalle associazioni che
operano nel territorio. Siamo trasversali e impolitici,
ma non apolitici. Siamo estranei non già alla politica in sé, che anzi ci
appassiona, ma a posizionamenti politici aprioristici non meno che a sentimenti
antipolitici e demagogici. Siamo impolitici perché né la politica dei politici
di professione, chiusi nelle loro stanze a tessere alleanze a tavolino, né
quella urlata nei web o nelle strade ci riguardano. Vorremmo invece aiutare una
politica logora e sterile a liberare le tante energie sane che ancora contiene,
e promuovere così un esercizio partecipativo della cittadinanza, mediante
azioni dirette, atti di denuncia civile, momenti di riflessione e buone
pratiche – simboliche e reali – attorno ai problemi locali, in difesa dei beni
comuni. Vorremmo contribuire con il nostro piccolo filo a ricostruire un
tessuto civile, partecipativo, non violento, non barbarico, che coniughi intelligenza,
eleganza, passione e ironia. Per ritrovare speranze condivise e un progetto che
prefiguri il futuro, non stampata su pagine di carta, ma inciso insieme nelle
nostre azioni e nelle nostre idee.
TUTTI AL SANTUCCIO, ALLORA
CIASCUNO CON IL PROPRIO FILO
CIASCUNO CON IL PROPRIO
RUSCELLETTO
Varese, 16 settembre, Piccole Vedette Lombarde,
gruppo Facebook / UniversAuser Varese
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