lunedì 9 settembre 2013

VARESE-SCUOLA CATTOLICA PARITARIA LICENZA DONNA PERCHE' INCINTA -in difesa della famiglia ?

Caro direttore
Mia moglie ha lavorato come Insegnante  presso una Scuola per l’Infanzia paritaria, di forte orientamento cattolico, della nostra provincia. Con regolari contratti di sostituzione di maternità (di diverse persone) ha svolto il suo lavoro con reciproca soddisfazione per  42 mesi consecutivi. Alla scadenza dell’ultimo contratto firmato, trovandosi lei stessa in dolce attesa è stata lasciata a casa. Innanzi tutto tengo a precisare che su ogni contratto firmato e depositato è apposta in calce la firma del Consiglio d’Amministrazione e del Parroco del Paese, così per chiarire chi si deve assumere le responsabilità. Il fatto che mia moglie sia stata lasciata a casa alla scadenza dell’ultimo contratto, essendo fisicamente impossibilitata ad accettare un’eventuale proposta lavorativa, vista la sua gravidanza, non è di per sé oggetto di critica o di osservazione da un punto di vista legale,



 la giurisprudenza del mondo del lavoro permette tale situazione che io accetto viste le logiche aziendali ed imprenditoriali. Ma mi permetto di esprimere il mio sentito e coinvolto disappunto da un punto di vista etico, visti i soggetti coinvolti, il parroco, l’approccio cattolico e la natura educativa relazionale del rapporto continuativo con i bambini coinvolti. Quindi, visto che la scuola in oggetto si vende sul mercato come Scuola Cattolica ed il Parroco tutte le domeniche parla di rispetto della Famiglia, mi chiedo se sia solo una questione di marketing per attirare genitori che a tutto diritto vorrebbero un’educazione cattolica per i propri figli, non solo dichiarata in superficie ma anche realmente strutturata nella didattica e nell’etica della scuola. Vorrei che i soggetti coinvolti, assumendosi le responsabilità etiche,  si decidano dal punto di vista imprenditoriale da che parte stare, se da quella puramente aziendale oppure più onestamente si rendessero conto che vendersi come educativamente appartenenti al mondo cattolico non è solo una questione di immagine.
Concludendo chiedo una riflessione ai genitori dei bambini, visto che pagano in contanti l’educazione dei loro figli, di pretendere che cattolico non sia solo un’etichetta per attirare clienti ma anche una reale impostazione educativa nei confronti di operatori, genitori e bambini.
Far presente al fornitore che il servizio lo si può comprare anche altrove e che trovare una persona estranea alla famiglia capace di raccogliere la fiducia dell’accudimento dei nostri figli e vederla non confermata dopo 4 anni per logiche aziendali, in un posto “cattolico” può essere motivo di protesta nei confronti dei coordinatori. Perché a mio parere 42 mesi di lavoro continuativo presso la stessa struttura rappresentano un riconoscimento delle qualità e della necessità di avere tale dipendente, altrimenti visto che i rinnovi sono annuali si potevano tranquillamente trovare una persona diversa ogni anno.

Grazie per l’attenzione
Fabrizio Munaro

( da VN )

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