mercoledì 5 giugno 2024

Il Governo elettorale vara lo spot contro le liste d’attesa, ma non ci sono risorse

 


-Mancano 30.000 medici 

Dopo mesi di annunci il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al piano contro le liste d’attesa. 

La misura è spacchettata in due provvedimenti: un decreto legge per misure che non richiedano risorse aggiuntive e un disegno di legge con interventi più strutturati e per cui bisognerà trovare coperture.

Nel dettaglio, nel decreto legge sono previsti un Cup unico regionale o infraregionale, il monitoraggio sulle liste d'attesa affidato all'Agenas, un ispettorato generale di controllo sull'assistenza sanitaria e la possibilità di effettuare visite ed esami il sabato e la domenica. Ancora, nel provvedimento compare  il superamento tetto spesa personale sanitario. Che sarà però graduale: sarà portato dal 10 a 15% nel 2024 per le Regioni che ne faranno richiesta per essere abrogato dal 1° gennaio 2025 in favore di una metodologia di calcolo del personale basata sul fabbisogno elaborata insieme ad Agenas. È previsto inoltre l’adozione di una tassazione al 15% per l'orario aggiuntivo prestato dagli operatori sanitari. 

Molti i provvedimenti inseriti, tuttavia, resta il nodo delle risorse al punto che il Pd ha parlato di «provvedimento fuffa» e misura «acchiappa voti che nulla cambia nella sostanza delle cose». Scetticismo anche da parte dei sindacati medici: «Volere abbattere le liste d'attesa partendo dal presupposto che i responsabili vadano individuati nei medici e dirigenti sanitari è inaccettabile oltre che falso», hanno detto in una nota Anaao Assomed e Cimo-Fesmed. 

Scetticismo arriva anche dalle Regioni. «Da quello che posso esprimere a titolo personale, come assessore alla Salute della Regione Emilia-Romagna si tratta di un decreto ancora privo di coperture finanziarie e molto astratto», ha affermato Raffaele Donini, che coordina la Commissione Salute della Conferenza delle Regioni e che sottolinea che le misure celano una «evidente la volontà di esautorare le Regioni dalla loro funzione di programmazione sanitaria» e spingono «ancora l’acceleratore sulla privatizzazione della sanità, sia favorendo l’attività libero professionale dei medici a scapito di un potenziamento del sistema sanitario pubblico, sia alzando il tetto di spesa per il privato accreditato senza prima assicurare un adeguato finanziamento al sistema pubblico».

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