venerdì 29 ottobre 2021

Terni come Kabul, vietate minigonne e scollature: per il sindaco sono simboli di prostituzione

 



TERNI Le minigonne? Vietate. Al pari delle scollature, espressione di un «atteggiamento che mira a offrire prestazioni sessuali a pagamento». Prostituzione, insomma, tradotto dal burocratese. Almeno a Terni, dove un’ordinanza comunale, che dichiara “guerra al degrado urbano”. Lo fa consegnando alla scienza un assioma discutibile: quello che equipara tutte coloro che indossano abiti succinti a meretrici di professione.

«Stiamo conducendo una battaglia contro la prostituzione», prova a chiarire sindaco Leonardo Latini, eletto in quota Lega. 

La scure si abbatterà anche nei confronti di tutte coloro che si macchieranno di “saluti allusivi”, là dove spetterà alle forze dell’ordine discriminare tra le allusioni e i cordiali saluti. Nell’ordinanza – si legge – sarà inoltre «vietato chiedere informazioni ai soggetti che pongono in essere gli atteggiamenti sopraindicati». Si potrebbe pensare che sarà dunque meglio evitare di chiedere l’ora alla fermata dell’autobus, a meno che colei che ha fornito “l’informazione” non sia abbigliata di tutto punto.

Dai banchi delle opposizioni intanto si levano cori di sdegno. «Non siamo in Afghanistan, ma in Umbria»:la senatrice umbra 5 Stelle Emma Pavanelli evoca il regime talebano per criticare il provvedimento. "Il sindaco di Terni emana un'ordinanza che impone alle donne il divieto di abbigliamento «provocante, pena l'equiparazione a prostitute».

 Sulla stessa falsariga il giudice di Cassazione Angelo Socci: «Roba da Medioevo». Più articolata la disamina di Federico Burgo, vicepresidente dell’associazione Terni Valley: «Siamo in una società antica e patriarcale, oltre che paternale – chiosa - come sempre, a rimetterci sono le donne, e un ideale di abbigliamento che non solo non è chiaro (sono quindi vietate le gonne? E di quale lunghezza? Sono vietate le scollature, e di quale profondità?), ma va a ledere la libertà individuale in nome di un decoro tanto ridicolo quanto anacronistico».(l.s )


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