«La perdita di Gino Strada» scrive il sacerdote sul sito della Casa della Carità «segna un grande vuoto e mi lascia a riflettere su tanti interrogativi. Cittadino di Sesto San Giovanni, Gino era un amico con cui avevo un legame profondo e vissuto, più che con le parole, attraverso diverse esperienze condivise di solidarietà. Perché con lui ero abituato così: fatti concreti e poche parole. Mi ritrovavo molto in questo suo stile».
«La sua perdita mi interroga innanzitutto sulla sua passione. Il suo perentorio no alla guerra, con quella radicalità forte e quello slancio così umano, ha sempre sovvertito i classici schemi, razionali, che cercano di inquadrare le persone e gli avvenimenti. I suoi erano no impetuosi, non ideologici, ma con l’intensità di una persona che vuole, esige, fatti concreti. Penso a tutte le sue “imprese”, gli ospedali, l’Afghanistan, le guerre dimenticate».
«La sua perdita mi fa poi riflettere su quella straordinaria cultura di volontariato di cui era portatore e che, anche qui, non si può ricondurre nei soliti schemi politici. La sua è una perdita immensa, che dovrebbe riconoscere anche chi non era d’accordo con alcune sue idee».
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