lunedì 22 febbraio 2021

NO-CAP : Rete internazionale contro il caporalato !

 


passata di pomodoro Nocap 



Nel 2007, Yvan Sagnet si è messo in viaggio verso l’Italia dal Camerun per studiare, grazie ad una borsa di studio vinta al Politecnico di Torino. La scelta del Belpaese non era casuale: dopo averlo scoperto seguendo la nazionale camerunense durante i mondiali di Italia ‘90, aveva studiato la lingua, la cultura, la storia. L’incontro-scontro con il mondo del caporalato avviene più tardi quando, conclusosi il periodo della borsa di studio, inizia a cercare un lavoro per potersi mantenere, un percorso che lo conduce fino a Nardò, in Puglia, nei campi di pomodoro dove non manca mai l’esigenza di manodopera, ma non sempre alla luce della legalità.

È così che la storia di Yvan Sagnet si incrocia con il caporalato: insieme ad altri braccianti, nel 2011, organizza un primo grande sciopero contro lo sfruttamento e per i diritti dei lavoratori. Da lì ha preso avvio una importante inchiesta che ha portato al processo SABR, che prende il nome dal tunisino Saber Ben Mahmoud Jelassi, considerato uno dei principali caporali della zona, ma non soltanto. Anche l’iter che ha portato all’approvazione della prima legge sul caporalato (Legge n. 148/2011) e alla nuova legge del 2016, è debitore alle proteste di Nardò.

 così che è nata l’esigenza di esercitare un controllo sui prodotti del territorio al fine di attribuire un bollino etico, una forma di certificazione per un prodotto 100% pulito. E, lo scorso ottobre, è stata anche presentata la prima salsa di pomodoro con il bollino No Cap. Una passata “etica ed energetica” che ha coinvolto diversi attori che, in piena trasparenza, hanno aperto le loro porte agli esperti dell’associazione No Cap per mostrare il viaggio del pomodoro dal campo alla tavola. C’è, infatti, il Centro di Documentazione Associazione Michele Mancini che è l’effettivo produttore delle passate e che si è fatto carico dell’assunzione regolare dei braccianti agricoli; l’associazione Arci Basilicata che ha accolto nelle sue strutture i lavoratori in condizioni abitative dignitose; l’azienda agricola “Giuseppe Vignola” che è proprietaria del campo di pomodori e l’azienda “Biologica Vignola” che ha curato la trasformazione e l’imbottigliamento del prodotto.

È la prima certificazione rilasciata dall’associazione No Cap, ma come sottolineato da Sagnet, si tratta di un progetto pilota che porterà, nei prossimi anni, ad allargare il raggio d’azione e coinvolgerà sempre più aziende per fornire al consumatore un prodotto etico. Infatti per ottenere il bollino etico è necessario soddisfare sei requisiti fissati, in maniera trasparente, da No Cap:

  1. etica nei rapporti di lavoro;
  2. decarbonizzazione del processo produttivo;
  3. rispetto di una filiera virtuosa e trasparente;
  4. rifiuti zero e promozione di un’economia circolare;
  5. riconoscimento del valore aggiunto sui prodotti;
  6. trattamento etico degli animali.

Questi punti si ritrovano anche sull’etichetta No Cap che, in linea con quanto promosso da tutte le realtà che si battono per un commercio più equo e trasparente, da Sfrutta Zero a Funky Tomato, evidenzia in maniera esplicita come si compone il prezzo della passata e mostra un QR code per l’approfondimento a portata di mano.


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