lunedì 24 giugno 2019

CONSIDERAZIONI SUL PROCESSO "STAMINA "


Il , 20 giugno, eravamo, come Medicina Democratica a Firenze, dove abbiamo assistito quali parti civili, all’esito finale del processo d’Appello contro gli imputati delle Ferrovie di cui è stata riconosciuta la responsabilità della Strage di Viareggio del 2009.
Questa mattina siamo stati ad un’altra Corte d’Appello, sempre come parti civili, ma questa volta a Torino a proposito del processo “stamina” dove erano a giudizio 4 operatori sanitari degli Spedali Civili di Brescia che avevano somministrato le terapie (infusioni di “cellule staminali mesenchimali)” inventate dal dott. Vannoni che per primo è stato messo sotto accusa e ne è uscito patteggiando la pena, quindi riconoscendo la sua colpevolezza.
Due processi molti diversi fra loro che hanno dato risultato opposto, nel primo – come abbiamo riportato nel comunicato di ieri- vi è stata condanna, nel secondo assoluzione.
Abbiamo però visto, al di là del risultato, una differenza di stile nella conduzione dei due processi. Nel primo c’è stata molta accuratezza e molto lavoro di approfondimento, nel secondo, così ci è parso, sono state considerate alcune norme del decreto Balduzzi (legge n. 57/2013) e diverse sentenze di giudici che hanno imposto di applicare il metodo Vannoni, al di là delle dovute sperimentazioni scientifiche validate.
Ciò è avvenuto in un importante Ospedale pubblico (Gli Spedali civili di Brescia) che si è prestato ad attuarle nell’incertezza: per il giudice di primo grado e l’accusa si trattava di “somministrazione di farmaci imperfetti”. Oppure perché venivano considerate cure compassionevoli.
I pazienti (o i loro famigliari) quando si trovano a dover affrontare malattie gravi, magari inguaribili, cercano di fare il massimo per poter trovare una soluzione positiva.
Ma il Servizio Sanitario Nazionale non può lasciarli soli né, tanto meno, prestarsi a una “validazione” di metodi non verificati : “la solitudine può così esporre gli ammalati a cure che vengono spacciate come efficaci, mai state dimostrate tali, ma che potrebbero essere addirittura per loro pericolose. Mettere in guardia gli ammalati e i loro famigliari avrebbe rappresentato un vero atto di compassione nei loro riguardi”. (dalla rivista Salute Internazionale – marzo 2014)
Fulvio Aurora (responsabile delle vertenze giudiziarie)
Milano, 21 giugno 2019

Nessun commento:

Posta un commento

LASCIA UN TUO COMMENTO