martedì 12 settembre 2017

MORTO SUL LAVORO SOTTO IL PONTEGGIO CROLLATO : LAVORAVA IN NERO .

L'immagine può contenere: una o più persone e spazio all'aperto

Alle otto di lunedì sera, dopo un intero pomeriggio di indagini, richieste, ricerche di documenti, e con un carabiniere che già da qualche ora aveva perso la pazienza ed era sbottato: «Questo pover’uomo è morto ormai, lo capite? Almeno diteci di preciso chi era...», non c’erano ancora certezze sull’identità di quel cadavere. Il corpo è rimasto per ore sotto il palazzo al civico 2 di via Mangone, una traversa di viale Papiniano, martoriato nella caduta dal quarto piano di un ponteggio che s'è accartocciato ed è crollato, pochi minuti prima delle 14. 
Morto in cantiere, operaio in nero, precipitato in un cortile interno: invisibile dalla strada e da una città che preferisce disinteressarsi dello sfruttamento del lavoro irregolare.
Un nome quell’uomo ce l’ha e qualcuno degli operai lo ha accennato, poco dopo la caduta, ma il Corriere preferisce non riportarlo prima che le autorità ne abbiano dato conferma. È invece importante riferire il resto del racconto di un ragazzo in abiti da lavoro e con le lacrime agli occhi che intorno alle 16 se ne sta appoggiato di fronte al palazzo dove stanno lavorando ambulanze, vigili del fuoco e carabinieri: «Era egiziano, come me. Dovrebbe avere 31 o 32 anni. In Egitto ha una famiglia, dei bambini. Non aveva documenti», che nel linguaggio comune dei cantieri vuol dire che non aveva documenti in regola. Intestato a quel nome ancora incerto, pare ci sia un permesso di soggiorno scaduto.
Il racconto dell’operaio continua così: «Era in Italia da tre anni, negli ultimi tempi ha sempre lavorato coi ponteggi. Era esperto. 

Domenica sera l’hanno chiamato e gli hanno chiesto: “Hai da fare domani?”. Lui non aveva altri impegni, e così è venuto». Lavorava a giornata, era il suo primo giorno in via Mangone.
Il cantiere andava avanti da un po’, sembra che due delle tre facciate interne siano state già risistemate e lunedì bisognava spostare le impalcature per passare a lavorare sulla terza. I componenti d’acciaio sono di un’azienda italiana (in provincia di Pavia) che si occupa di noleggio e montaggio di ponteggi, ma che per questa seconda operazione, almeno per quel cantiere in via Mangone, si è affidata in «sub appalto» a una ditta più piccola. Questo tipo di sub appalto è di solito il veicolo col quale un’azienda conserva la facciata pulita, scaricando sotto di sé tutte le irregolarità (contributive, fiscali, di sicurezza).


E che in quel cortile stessero lavorando fuori da ogni norma lo dimostra il fatto che il ponteggio sia venuto giù all’improvviso, quasi collassato. «Stava lavorando al quarto piano — racconta ancora l’operaio — io ero sotto. C’era da spostare del materiale là in alto, da un appartamento (si tratta in realtà del ballatoio di una casa di ringhiera, ndr), che poi bisognava portar giù. Il ponteggio però aveva solo due legature, per quello è crollato». Saranno i carabinieri, insieme agli ispettori del lavoro dell’Ats, a cercare di stabilire quale sia stata la specifica ragione che ha provocato il crollo. «Ma una cosa è certa — riflette in serata un investigatore — se si rispettano tutte le norme di sicurezza, anche durante le fasi di montaggio e smontaggio, i ponteggi non vengono giù da soli».


L’operaio egiziano è caduto dal quarto piano su altri tubi di ferro che erano accatastati nel cortile, e nella caduta è stato anche travolto dalle parti d’acciaio dell’impalcatura che si sono staccate. Una testimone ha riferito di aver visto due operai che si allontanavano dopo l’incidente: l’inchiesta dovrà accertare se, oltre l’egiziano morto, nel cortile c’erano anche altri lavoratori in nero.
Articolo di Gianni Santucci ( CORRIERE DELLA SERA )

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