venerdì 28 aprile 2017

GIOVANNI ARDEMAGNI A VARESE

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Figlio degli anni 60, Gio è un calzolaio che ama il suo lavoro, lui sa tutto delle scarpe, conosce i dolori del piede, ma il suo è un lavoro quasi scomparso. Gio non vuole emigrare. Tira la cinghia e ogni giorno combatte la sua guerra per campare, rivolgendo anche qualche preghiera a San Precario, un santo moderno.
Dovendo raccontare di sé, Gio non può fare a meno di parlare del suo Maestro, Mast’ Antonio, “o migliore scarparo i Napule”. Mast’Antonio la guerra l’ha fatta davvero, ha conosciuto la fame, la paura, la morte. La passione per il lavoro, la lotta per i diritti, il diritto al LAVORO fanno di Gio e di Mast’ Antonio una persona sola. Forse l’unica differenza è che una volta subito dopo la guerra c’era parecchio lavoro ma non c’erano i soldi, “mo i soldi ci stanno, ma non ce sta o lavoro”.

In occasione dell’Anniversario della Liberazione
“Vivere di memoria non serve. Se vuoi essere un partigiano ancora devi batterti con i mezzi che la democrazia ti mette a disposizione, con tutti i mezzi, devi batterti per salvaguardare e consolidare i principi scritti nella nostra costituzione repubblicana, che cosa vuol dire, vuol dire batterti oggi per l’affermazione dei diritti, dei diritti del uomo, dei diritti del cittadino, dei diritti umani.”
Tratto da un discorso di Giovanni Padovan partigiano combattente  
25 giugno 1909 / 31 dicembre 2007)

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