venerdì 28 agosto 2015

RESTIAMO UMANI

Salgo sul treno diretto a Milano, mi siedo e vedo arrivare di tutta fretta una donna, pelle colore del cioccolato, con un pancione grande grande. "Stavo perdendo il treno, sono arrivata di corsa, per fortuna sono riuscita a salire!", dice. L'italiano non è perfetto, ma sicuramente parla meglio di quanto io sappia il tedesco dopo cinque anni di studio. "Hai bisogno di qualcosa, un po' d'acqua?", chiedo. "No grazie, devo solo sedermi". Il treno da Torino parte, siamo sedute distanti. Sul quel vagone, solo noi due. Io mi immergo nei miei pensieri. Penso all'esame, penso a settembre, penso a quando ritornerò a lavorare nella città in cui ho scelto di vivere.
Poi sento una donna che quasi piange, è una voce lieve. E due voci di uomini che sovrastano la sua. Mi sporgo un po' e vedo il capotreno e un altro chinati sulla donna color cioccolato. Lei e il suo pancione. Mi avvicino. Non dico niente, solo: "Scusi, io vorrei sedermi li". E mi metto di fronte, seduta in fronte al suo pancione. Non dico niente, solo ascolto.
È senza biglietto. Lei spiega che ha dovuto correre, lei e il pancione. Che era in ritardo. Che ha preso il treno al volo. Che la prossima fermata è la sua. "Scendo ora, pago il biglietto", dice. "Vogliamo i documenti per identificarla, la multa senza documenti non si può fare", dicono loro. Parole di rito, certo, previste dal regolamento. Ma quel tono, Quel tono non l'avrebbero rivolto verso di me: bianca, italiana, con cittadinanza europea. Visibilmente non immigrata. Non io, mio nonno si. "Li ha la Caritas i miei documenti, non ho il biglietto perché sono arrivata correndo". Cerca di spiegarsi come può. I due, il capotreno e un altro senza alcuna divisa, non vogliono sentire spiegazioni. "Scusate se mi intrometto ma il problema qual è?", chiedo. "E se potete parlare con più garbo, la signora è incinta e si sta agitando", aggiungo. "È senza biglietto e ci servono i documenti per identificarla - rispondono -. Se no alla prossima stazione la signora scende con noi e andiamo dalla polizia ferroviaria per controllare se ha i documenti o è clandestina. Non ci vuole dare i documenti, è senza documenti". "Ma tutto questa procedura perché? Come si passa da una multa al reato di clandestinità? Alla base la signora non ha il biglietto, giusto? - domando -. E allora facciamo questo biglietto col supplemento perché a bordo treno. Il regolamento per l'erogazione di un biglietto a bordo treno non prevede la richiesta di alcun documento. O sbaglio?".
In silenzio e scocciati, dalla macchinetta portatile strappano la ricevuta e me la danno. Il biglietto ora c'è. "Tieni", "Grazie". Fine della storia. Non più di due mesi e mezzo fa una donna romena, badante, fece lo stesso con me. Ero senza soldi. Sarà il karma, sarà che l'umanità non ha una razza, ma millesseicentocinquanta e altre tremila e più. I due se ne vanno, il capotreno e l'uomo senza divisa, guardandomi non proprio benissimo.
"Quanti mesi ha il tuo pancione?"
"Sei"
"E come si chiamerà?"
"Nina. Mi piace il nome 'Nina'"
"Da dove vieni?"
"Algeria"
Si chiamerà Nina. Trattengo le lacrime, ma gli occhi sono troppo tanto lucidi. Coincidenze. "Nina è un bellissimo nome. Buona vita a te e alla piccola".
Lei scende. Io rimango su. Da oggi ho una sorella in più, che fra tre mesi partorirà la piccola Nina. Restiamo umani.

( Ester Castano )

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