venerdì 19 settembre 2014

QUANDO MI CHIESERO : " PERCHE' NON TI INTEGRI ? "

Egregio Direttore,

Le voglio raccontare una cosa che mi è successa… Era qualche anno che ero in Italia, e un giorno un mio collega di lavoro mi disse: “Perché non ti integri?”

Gli chiesi cosa volesse dire con quella strana richiesta. La sua risposta mi lasciò a bocca aperta: “Cambia le tue abitudini, il tuo modo di vedere le cose, magari anche il tuo nome…”. Gli risposi che non ritenevo giusto dover cambiare me stesso per essere “integrato”. Questo però non deve essere un limite, anche se abbiamo nomi, tradizioni e abitudini diverse possiamo fare politica per il bene comune. Possiamo giocare a calcio assieme, possiamo mangiare assieme o fare semplicemente una chiacchierata al bar. Io rispetto e rispetterò sempre la cultura e la tradizione che c’è qui. Lui mi fece un’ulteriore domanda: “Dopo anni che vivi qua ti senti ancora uno straniero?”. Ebbi difficoltà a rispondere in quanto vivendo in un paese che non è il mio, già dal mio nome venivo etichettato. Spesso si esprimono giudizi sulle persone senza conoscerle veramente. Troppe volte non c’è il coraggio di andare oltre al nome, al colore, alla tradizione diversa… vince la paura. Come possiamo integrarci se chi ci dovrebbe aiutare ci esclude per un’opportunità politica? L’integrazione deve iniziare dalla politica, dai piccoli quartieri, dalla scuola, fino ad arrivare ai Comuni. E non siamo alla ricerca di corsie preferenziali, ma di poter esercitare i nostri diritti e adempiere ai nostri doveri di cittadini, perché nel frattempo io sono diventato un cittadino italiano a tutti gli effetti.

Quindi mi chiedo come e quando possiamo usare la parola integrazione? Prima o dopo le elezioni? I moralisti dicono sia meglio usarla dopo perché “prima” si rischia di perdere voti. I realisti, e sono pochi, la usano tutto l’anno perché viviamo assieme ogni giorno, ogni minuto delle nostre vite. Ma c’è una terza categoria che usa la parola “immigrato” tutto l’anno, ma non per spingere verso l’integrazione, ma per l’esatto opposto: diffondere paura e raccogliere consensi. Dopo un’esperienza di 23 anni posso affermare che nel mondo della politica serve più dialogo, più trasparenza e più rispetto.
17/09/2014
Hicham Mourtadi (Sesto Calende)

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