sabato 26 luglio 2014

CORRADINO MINEO

"A proposito di malefatte, il Fatto ricorda quelle di un ex Presidente della provincia di Firenze. “Un no per non ridurre le scelte del presidente della repubblica a quello di un notaio che ratifica le scelte altrui, un no per per fermare il progetto che conferisce al premier poteri che nessuno stato democratico prevede e lo rende sostanzialmente inamovibile”. Correva l’anno 2006 e l’appello dei dieci No, alla riforma voluta da Berlusconi, portava la firma di un giovane presidente della provincia di Firenze, Matteo Renzi. Il quale, oggi, dovrebbe fare autocritica. Perché se fossero approvate Riforma del Senato e Italicum, il Presidente della Repubblica si ridurrebbe a meno di un notaio. Con il premio di maggioranza e le liste bloccate alla Camera, e un Senato ridotto a un consiglio di consiglieri regionali nominati dai partiti locali, il Premier avrebbe più poteri che in nessun altro paese di democrazia liberale. Con la cancellazione del referendum elettorale e i regolamenti parlamentari scritti in Costituzione, risulterebbe sostanzialmente inamovibile.
Grasso prova a mediare. Ieri ha concluso il suo appello, durante la cerimonia del ventaglio, con la stessa chiusa del discorso in aula del “dissidente” Corsini: torni il dialogo, ritorni la politica! Quanto a me penso che Matteo Renzi abbia perso la sua battaglia del Senato. Una parte non marginale della pubblica opinione ha compreso che il suo è un atto d’imperio, una soperchieria per nascondere altre e gravissime difficoltà del governo. Ritirerei, in modo unilaterale e senza trattativa, migliaia di emendamenti inutili. Segnalerei il dissenso su pochi punti fondamentali: senato elettivo, riduzione dei deputati, no immunità, stop alle norme anti referendum. E inchioderei il Premier: “sei responsabile - gli direi - della peggiore riforma costituzionale partorita in 70 anni di Repubblica. Come nell’arte della lotta orientale, userei la forza dell’avversario per colpire più forte. 

Corradino Mineo 

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