martedì 24 giugno 2014

L'UMANITA' DI DARIO FO-FRANCESCO SECONDO L'AVVENIRE


È la forza, il termine con il quale si può sintetizzare la presenza di Dario Fo su Raiuno nella nuova edizione del suo Francesco lo santo jullare che domenica sera ha impegnato per due ore, dagli studi di Napoli di
austera bellezza, un pubblico affascinato e partecipe. La forza di una presenza dominante e vivace, in cui gli ottantotto anni dell'attore/scrittore/pittore spiccavano per energia e vitalità. La forza di un'ammissione, quelle dell'ammirazione suscitata in lui, «ateo marxista leninista e seguace di Darwin», come ha amato definirsi, da Papa Francesco, messo a confronto, nella sua modernità coraggiosa, con le immagini della tradizione. E anche la forza di una professionalità densa di messaggi, ricca di intonazioni e proposta con lucida intensità nel suo lungo monologo – rieditato dopo quindici anni – in cui la storia ufficiale di Francesco d'Assisi diventa paradigma di un cristianesimo in cui la povertà è chiave di volta di una costante donazione. Non ha tradito tuttavia, il premio Nobel, la sua ironia spesso polemica: ma esercitata con misura e simpatia, ponendo a paradigma la figura di Papa Francesco in cui Fo ha sottolineato l'eredità del Santo. Una premessa originale, il confronto fra il vecchio autore e il giovane Mika emozionato: e un pubblico che, in sala, partecipava con attenzione totale e affettuosa. E se davanti al piccolo schermo si sono contati alla fine 2.709.000 spettatori per l'anteprima, divenuti per le due ore del programma 2.080.000, share 10,83, va ricordato che nelle due apparizioni del 1° giugno (su Raiuno dall'Arena di Verona, un trionfo da 4 milioni, e su Raitre per Colpo di scena) Fo ha catturato anche chi non conosceva il suo lavoro e ha scoperto in lui una presenza lietamente dominante. Il che fa riflettere – come accade per i grandi vecchi di cui si ammirano la continuità di azione e la ricchezza degli apporti – su quanto la cultura e la creatività restino alimento prezioso per un'attività che si fondi sullo studio e sulla costante invenzione. Il poliedrico Fo, che sa conquistare il suo pubblico con un sorriso cattivante – magari bevendo il chinotto con la propoli, per ristorarsi e far pausa – è una figura che si manifesta nella sua magistrale lezione, ma anche nella sua umanità: di cui arricchisce, nel racconto che scorre fra il vetero umbro e le invenzioni linguistiche stupefacenti, la figura del suo personaggio, uno e due nella stessa cifra del nome Francesco. Uomini di lotta e di pace, dice il suo messaggio, al di là delle ideologie. Uomini capaci di darsi agli altri con generoso slancio, per ammonire e dare speranza, lasciando scia di parole e concreto conforto che il tempo, come dimostra il lungo racconto sul Santo, non può cancellare. 

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