domenica 5 gennaio 2014

AMARO SFOGO DI UN SALTIMBANCO .

Il 2013 sarà speciale per varie ragioni, per me, sarà particolare perché ho registrato che in tanti Comuni della Provincia di Varese, gli assessorati alla cultura o le biblioteche hanno deciso di non inserire nei propri programmi le compagnie di teatro ragazzi.

Il fatto che accada, non è casuale, perché non si parla di altro che dei tagli alla cultura, e questa bolla di sapone, nella quale siamo finiti negli ultimi tre anni, mette a dura prova, le mente e i cuori degli artisti, cantastorie e saltimbanchi che da lungo tempo offrono con arte il loro repertorio costruito dopo anni di ricerca ed esperienza.
Anche noi artisti, sorpresi dalla crisi, siamo senza idee, e qualcuno ha detto per scherzo che voleva smettere per togliersi almeno la rabbia di sopportare l’indifferenza di chi da anni gestisce la cultura in modo improprio o si nasconde dietro la giustifica della frase fatta: “La coperta e corta”.
E non suona neanche il telefono. Neanche per chiedere per sbaglio se ho in repertorio quell’autore o quell’altro dramma. E ci sono quelli che ti fanno spedire cinque preventivi e alla fine ti chiedono di lavorare per promozionare il proprio lavoro. 
Spesso si dimentica che la settimana prima la giunta del comune ha firmato una variante stratosferica per modificare una piazza o una strada.

Il fatto è che gli stessi artisti non si parlano come una volta e hanno smesso d'incontrarsi. E ci sono quelli che hanno smesso di dirti le nuove idee, perché pensano che non interessi più avere altre idee. 
Io non mi arrendo, e vedo oltre l’orizzonte qualche segnale. E trovo il tempo per pensare a un’idea nuova. Sa direttore, oggi credo, più deciso che mai, al mio lavoro: mi rinforza il cuore lottare contro questa indifferenza. Mi apre l’anima quando sto discutendo per giorni interi d’idee e preventivi per migliore un pezzo d’arte. Per essere sincero, più preventivi che d’idee, per il timore che i progetti diventino troppo costosi e irrealizzabili.

E l’altro giorno ho avuto la certezza che il lavoro artistico abbia un senso importante per la società e il territorio, è molto concreto. Quell’idea di lavoro “folle” che ti sposta da una città al altra; per fare sì che per un mio pezzo d’arte venga fuori, qualche nuova idea da condividere, con quelli che per una ragione o un'altra, hanno sempre voglia di cultura: i bambini, i ragazzi, le famiglie e gli insegnanti. Ho avuto il privilegio di sentir quella forza da un signore di ottantotto anni, che davanti a cento giovani con l’emozione di un ricordo nel cuore ha detto chiaramente:  “ non dormire tutto il giorno se vuoi continuare a sognare in questo paese addormentato”.
E questo caro direttore, mi permetta dirlo con sincerità: mi sono stancato di questi finti amministratori locali che prendono la cultura soltanto per trovare una scusa per uscire dall'ufficio senza combinare nulla, senza proporsi nulla di nuovo. E lei sa che la scusa “ c’è la crisi” è soltanto una nuvola di parole. 
Perché sono sempre le crisi che hanno fatto esplodere le correnti artistiche. E non questi gentili signori che dietro a una scrivania passano le ore a guardare dalla finestra pensando ad altro che ha produrre una risposta chiara. 
Bisognerebbe lanciarsi con la macchina contro un cancello per farsi notare? No credo, bisogna valorizzare a chi s’impegna dietro la scrivania di un ente pubblico, e mandare a casa a chi si diverte a farla franca senza neanche refilare una fotocopia. 
Il mio presente, e il mio prossimo futuro lo devo a gente semplice, che ogni giorno, è 
disposta ad alimentare i sogni dei propri figli: genitori, educatori, insegnanti che nelle aule delle scuole o nei piccoli spazi non rinunciano a promuovere il teatro.
E questo coraggio di singoli sconosciuti che non occupano direttamente luoghi della cultura, si spera che vada premiato, che sia riconosciuto perché sono loro che sostengono la cultura, con delle forti azioni che nascono dal basso e salgono su in alto. 
Sono certo che in questo strano 2013, con pochissimi spettacoli in giro, non sia stato un bel segnale. E quella persona che per una ragione a me sconosciuta ha cancellato dai programmi la parola “spettacolo”, per zittire la cultura teatrale inserita d’anni nei comuni di questa provincia, sentirà alla fine l’amaro in bocca.
Come quel vecchio, arido e tirchio Ebenezer Scrooge di Dickens, che nel Cantico di Natale, visitato durante la notte da tre spiriti “passato, presente e futuro” nella sua disperazione trova il modo di ricucire in tempo il suo errore. 
Fare cultura durante questa crisi, basterebbe aprire le sale vuote agli artisti e le compagnie. Basterebbe riformulare accordi fra pubblico e privato, senza aspettare lunghi tempi del “domani” che non arriverà mai più. Le nuove generazioni non hanno tempo da perdere. E quelli che sono diventati grandi hanno il diritto di accedere a una cultura per “tutti” e non per pochissimi, e sempre gli stessi.
Devono impegnarsi seriamente, e non per finta, trovando la voglia di trattare, come quando uno va al mercato, e lottare per il prezzo giusto, piuttosto che rinunciare e chiudersi al calduccio, di una sala polivalente deserta senza la voce narrante di un artista. 
Io ci credo e non vado altrove. Ci credo fortemente. E resto qua, con quella piccola parte che non rinuncia a uno spettacolo per ricominciare il 2014. Perché sono certo che di pubblico c’è, che la voglia esiste ancora, e che d’idee non mancheranno.
Vi scrivo per chiedervi un grande piacere, se per caso arrivasse Befana dalla vostra scrivania, le dica, che in questo punto del paese, non si rinuncia a una storia per la paura di spendere qualche soldo, perché la cultura è un bene comune come l’acqua.
L’indifferenza è una brutta azione politica che si nasconde dietro a una valanga di sprechi che secondo il mio modesto punto di vista non porterà a nulla.
4/01/2014
Piede Migratoreredazione@varesenews.it

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