E' stato condannato a 8 anni di reclusione .
Il racconto, la vita della vittima .
Lei ha ricominciato a vivere, si è trasferita al Nordper riprendere a studiare e ha trovato la forza di sostenere due esami. «Non so se siano giusti otto anni - continua - per i venti giorni in ospedale quando ho saputo di essere stata violentata, perché dell’epilogo drammatico di quella notte non ricordo nulla; per quello che ho passato e che sto continuano a provare; per l’esilio, che mi ha cambiato la vita, a cui sono stata costretta per andare via da luoghi dove mi conoscono e sanno della mia storia; per la vita e la spensieratezza precedente che non torneranno mai». «Ho ripreso a vivere grazie a me, alla mia famiglia, ma il processo non mi restituisce nulla, anche perché non posso raccontare a nessuno cosa mi è successo. Sono un’altra persona rispetto alla studentessa dell’Aquila, ho problemi di relazioni con gli altri. Anche se ho amici non mi fido di nessuno, ma soprattutto non mi fido di me, perché ora non so come riconoscere il bene e il male, non so se sono in grado. - spiega con voce decisa - Otto anni non mi restituiranno mai la ragazza che ero prima! Sono io che devo lavorare per ricostruire una persona almeno all’altezza di quella di prima. In tal senso, non so se non ricordare sia un bene o un male».
Quanto al perdono, è chiara: «Non so davvero cosa rispondere, non ricordando nulla della violenza. Non lo conosco e non riesco a essere arrabbiata con lui, anche guardandolo non mi ha dato particolari sensazioni. Razionalmente, per quanto male mi ha fatto, meriterebbe l’ergastolo». L’unico momento in cui pare provare un minimo di sollievo rispetto al processo, la ragazza lo mostra quando conclude: «Ho pensato che partecipare al processo di appello fosse inutile, che non avrebbe risolto nulla. Invece ora mi sento ripagata da questa ulteriore sofferenza che ho vissuto».
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