
Lunedì 3 dicembre, giornata internazionale dedicata dalle Nazioni Unite ai diritti delle persone con disabilità. Retorica? Rito che si ripete? Inutile ipocrisia pubblica di facciata? Ne facciamo a meno? Tanto non serve a niente e la realtà è sempre più dura?
Ecco, forse le parole di Ban Ki-Moon, segretario generale dell’Onu (“colmare il divario tra le buone intenzioni e le azioni attese da tempo”) possono davvero apparire un po’ di circostanza, visto che la Convenzione, approvata più di 5 anni fa, e legge anche nel nostro Paese, è ancora un oggetto misterioso non solo per chi governa, ma anche per gli addetti ai lavori, gli operatori del settore, persino moltissime persone con disabilità, che pure dovrebbero stamparla e tenerla sul comodino.
Ma c’è almeno un buon motivo per non rinunciare al 3 dicembre: è la memoria. La storia dei diritti, di come eravamo. Quello che abbiamo vissuto, condiviso, cambiato, sofferto. Da soli, in famiglia, e poi insieme, attraverso le associazioni e il movimento dei diritti civili. In Italia, nel mondo, ovunque.
( DA un articolo di Franco Bonprezzi )
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