lunedì 25 giugno 2012

CAMPAGNA CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE : " HO DENUNCIATO MIO MARITO PER STALKING ;NESSUNA FA NIENTE :VIVO NEL TERRORE .


FERRARA
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«A volte, nella mia situazione, speri addirittura ti succeda qualcosa, finchè non ci saranno i segni, non ci sarà sangue, si dirà che non si può far nulla, poi, solo dopo, quando spesso ci scappa il morto, diranno ‘noi stavamo facendo qualcosa’».



Ha 40 anni, due figli, e un ex marito che non ha esitato a denunciare per stalking. La sua è una storia come tante, di un matrimonio che finisce a pezzi, e i cocci li raccolgono i figli, due, che hanno più di 10 anni: il più grande non vuole avere rapporti col padre, il più piccolo ne è quasi succube. Lo racconta lei, la mamma (che chiameremo Anna, nome di fantasia) mentre non faremo nessun riferimento geografico o altro sulla sua, la loro, storia. Una storia da raccontare con equilibrio, solo per riflettere, rispettando anche le decisioni-non decisioni degli inquirenti che indagano sulla vicenda, ai quali da tempo la signora Anna chiede provvedimenti contro il marito: procura dei minori, tribunale dei minori, tribunale civile, procura della città da cui è scappata, procura di Ferrara, cui si è rivolta dopo essere arrivata qui in provincia, l’agosto scorso.
Anna è scappata, dal giorno alla notte, dalla città in cui viveva, nell’Italia centrale, in fuga dal marito: ha venduto tutto, la sua attività e svenduto la sua vita, per arrivare in provincia di Ferrara, «perchè volevo tornare a vivere serena, ricominciare tutto, ma non ce l’ho fatta». Anna, scappando da 6 anni e mezzo di incubi, vissuti nel dopo separazione, però non ha «seminato» il marito, che non ha mai accettato la separazione e l’ha raggiunta anche a Ferrara, per rinnovare atti, comportamenti e pressioni psicologiche. Lui l’ha anche denunciata, per questa sua fuga, per «sottrazione di minori», processo pendente, tribunale della città dell’Italia centrale. «Sono scappata da una vita che ho voluto cambiare per me e i miei figli, da quel crescendo di minacce, offese, pressioni psicologiche».
E dalle minacce di morte, soprattutto: «Mio marito ha anche descritto ai miei figli come mi avrebbe uccisa: ’Sgozzerò vostra madre e la vedrò mentre si dissangua’». Nel dicembre scorso, la decisione di denunciarlo per stalking, alla procura di Ferrara. Denuncia poi derubricata al reato di minacce. Lo stalking, se accolto, penalmente permetterebbe di adottare misure coercitive: ammonimento come atto iniziale, divieto di avvicinamento, anche l’arresto.
Ma per i magistrati non ci sono i presupposti. «E la mancanza di una presa di posizione da parte degli inquirenti o anche una sottovalutazione del problema per i reati per cui si procede - spiega con una punta d’amarezza Anna -, non fa altro che accrescere lo spirito di vendetta da parte di mio marito, convinto che nessuna istituzione possa intromettersi e decidere della sua vita e di quella dei miei figli».
Nè giudici, nè pm. «E io, in questa situazione, aspetto da mesi che l’indagine che ho sollecitato sugli episodi denunciati, abbia una evoluzione, e intanto continuo a vivere nell’angoscia, nell’imprevidibiltà».
E’ un racconto di ciò che accade, visto con gli occhi di Anna. Una ricostruzione parziale - occorre sottolinearlo - perchè le ragioni potrebbero stare anche dall’altra parte, del marito-padre. Ma occorre valutare se queste ragioni, da parte dell’uomo con cui Anna ha diviso un pezzo della sua vita, sono applicate con un eccesso oppure no, e soprattutto se rispettano le norme previste. Spesso non è così: come accaduto pochi giorni fa: «Una domenica mio marito si è presentato a casa e ha preso il figlio più piccolo, portandolo via». Doveva farlo solo dal 1 luglio, come autorizzato dal giudice, lo ha anticipato di 15 giorni. Così, altra denuncia ai carabinieri con Anna che parla di rapimento. Che non è tale. Glielo ha detto il piccolo al telefono: «Mamma non è vero che papà mi ha rapito».
Ma dalla denuncia si passa ai reati: violazione dolosa di un provvedimento del giudice o sottrazione di persone incapaci, ma la cosa più assurda è che nonostante vi siano prescrizioni del giudice, e che queste sono state violate, nessuno può riportare a casa il piccolo.

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