giovedì 24 maggio 2012

SONIA ALFANO ESPULSA DALL' IDV ? AL RIDICOLO NON C''E' MAI FINE !


Ho appreso dalla stampa di essere stata cacciata dall’Italia dei Valori. Ne prendo atto. Senza nascondere, però, un certo stupore di fronte alla squinternata dichiarazione di Massimo Donadi, il quale ha affermato di non poter espellere chi non ha la tessera, quasi come se per IdV io non sia mai esistita. Peccato che, a voler spaccare il capello in quattro, ancora oggi sono, fino a diversa comunicazione, membro di diritto dell’esecutivo nazionale e perfino responsabile del Dipartimento Antimafia del partito. Peraltro non è la prima volta che Massimo Donadi fa il mio “epuratore”: lo aveva già fatto durante una puntata di “Porta a Porta”, dicendo che ero “fuori dalla linea del partito” perché non avevo voluto esprimere solidarietà nei confronti di Berlusconi in occasione del famoso “attentato” del 13 dicembre 2009.

In effetti, da ultimo mi era stato segnalato da alcuni militanti che ero “scomparsa” dal sito di IdV: non risultavo più tra gli eletti al Parlamento Europeo. Da un partito che si voglia definire democratico e trasparente mi sarei aspettata che una decisione così rilevante avesse qualcosa di ufficiale e coinvolgesse formalmente qualche organo del partito e, soprattutto, che una simile intenzione venisse comunicata tempestivamente, direttamente e ufficialmente all’interessata. Invece, nulla di tutto questo: occultamento delle mie tracce dal sito (stile di stampo vagamente staliniano…) e poi la sortita verbale di Massimo Donadi, il quale ha evocato un sistema di valori non condiviso. In verità, i valori che mi avevano convinta a candidarmi nelle liste di IdV da indipendente al Parlamento Europeo erano (e sono) l’apertura di quel partito alla società civile (contemporaneamente ci fu l’elezione a Bruxelles di Luigi De Magistris e a seguire quella di Giulio Cavalli al Consiglio regionale della Lombardia, e altre ancora dello stesso segno) e la voglia di restituire dignità alle istituzioni attraverso una seria e costante attività parlamentare, spesa al servizio dell’interesse dei cittadini e per il bene comune, avendo come stella polare la nostra Carta Costituzionale. Evidentemente per l’IdV questi valori non sono più prioritari.

Prendo atto anche di questo, con la serenità che mi deriva dall’essermi coerentemente adoperata per contribuire alla crescita qualitativa e quantitativa di quel progetto politico (devo ricordare le tante battaglie per cui mi sono spesa, alle volte anche correggendo vecchie posizioni non impeccabili del partito? Tra le tante: giustizia, immigrazione, lavoro, No Tav, No Ponte, trasparenza, libertà di stampa e informazione, tutela del consumatore, tutela dei diritti degli animali, testimoni di giustizia, ambiente, per non parlare della posizione politica sugli scempi di Genova 2001 alla Diaz e a Bolzaneto), svolgendo contestualmente un lavoro costante e in modo indefesso nel mio ruolo istituzionale. Questo impegno qualche risultato significativo lo ha certo dato, se, oltre a tutto quanto i cittadini quotidianamente hanno potuto seguire sul mio blog, si pensa alla risoluzione sul crimine organizzato votata quasi all’unanimità dal Parlamento europeo il 25 ottobre 2011, della quale sono stata relatrice, e alla conseguente istituzione della prima commissione antimafia europea, della quale sono stata eletta presidente e che ha già avviato i suoi lavori secondo un fitto calendario che consentirà a tutti i cittadini europei di verificare la concretezza degli obiettivi e il loro raggiungimento. Ma il mio impegno non è bastato a esponenti del partito come l’ex leghista Borghesi, che insultò me e la memoria di mio padre con allusioni che neanche i miei peggiori nemici avrebbero fatto. Così come non è bastato al gruppo di senatori IdV che firmò una violentissima lettera, molto offensiva, di cui eravamo destinatari io, Luigi de Magistris e Giulio Cavalli, che ci eravamo azzardati a sollevare la questione morale all’interno del partito, suscitando un’ingiustificata ira funesta: in campagna elettorale Antonio Di Pietro non aveva fatto altro che ripetere che le nostre candidature servivano anche per cambiare il partito. Non è bastato a Luigi Li Gotti, ex sottosegretario di Mastella al Ministero della Giustizia, il quale, pur di andarmi contro, con lente da entomologo, ha cercato allo spasimo, con scarsi risultati alla luce dei commenti degli addetti ai lavori (a partire dai Procuratori distrettuali antimafia di tutta Italia), di trovare qualcosa (qualsiasi cosa) non andasse nella risoluzione sul crimine organizzato, approvata, come ho già detto, quasi all’unanimità dalla plenaria di Strasburgo.

Per ciò che riguarda le scelte locali (anzi, palermitane), che sembrerebbe abbiano determinato il mio “allontanamento”, è bene ribadire che quando Fabrizio Ferrandelli, da capogruppo di IdV al Comune di Palermo, ha deciso di candidarsi, ne ha discusso con tutti. Ho condiviso quella scelta e quel percorso. Per questo, per le sue battaglie da capogruppo di IdV al Consiglio comunale uscente e per le sue riconosciute capacità di interlocuzione con la cittadinanza nei tanti quartieri disagiati di Palermo, ho scelto di sostenerlo in modo trasparente per le elezioni primarie, dopo aver parlato personalmente con Rita Borsellino nel momento in cui Rita, preso atto degli strani giochi di tanti (e di Orlando in primis), sembrava desistere dalla sua candidatura e quando Leoluca Orlando sosteneva, anche in aramaico (ipse dixit, con proverbiale coerenza), che mai si sarebbe candidato a sindaco.  Cosa che poi puntualmente ha fatto. Orlando ha agito in tutt’altro modo: ha prima traccheggiato con l’evidente scopo preventivo di sabotare le primarie del centrosinistra, poi ha fatto finta di sostenere la candidatura di Rita Borsellino quando in molti a Palermo avvertivano che la candidatura indipendente di Fabrizio si stava rivelando vincente, per poi fare saltare il tavolo delle primarie ponendo la sua candidatura. A quel punto è stato abilissimo a personalizzare la competizione elettorale, trasformandola in un referendum sulla sua persona e vincendo con un risultato enorme. Ma ha fatto tutto questo imponendo la sua candidatura e operando, come sempre ha fatto, con i suoi portavoce alla guida della segreteria provinciale e regionale di IdV ma senza alcun coinvolgimento sostanziale di militanti, elettori del partito e cittadini, a partire da coloro che negli ultimi cinque anni erano stati impegnati a fare opposizione al sindaco Cammarata mentre Orlando si occupava di tutt’altre questioni.

Non credo che Orlando intendesse ricevere il mio appoggio, né c’era da aspettarselo. Del resto, in questi anni mi aveva volutamente esclusa da qualsiasi discussione o decisione che riguardasse il partito in Sicilia, anche quando le situazioni di sofferenza di tanti militanti e perfino di tanti eletti di IdV erano giunte sul punto di esplodere (e sono poi esplose, con il volontario allontanamento dal partito di tanti che rifiutavano di fare da yes-men), nell’intento esplicito di emarginarmi in modo sistematico con l’appoggio di cortigiani del calibro di Domenico Scilipoti, antropologia che ritenevo incompatibile con il progetto politico dichiarato da IdV e che ho tentato di avversare in tutti i modi. Peraltro, in occasione delle primarie lo stesso Antonio Di Pietro, rispondendo ai giornalisti che in conferenza stampa gli chiedevano se la mia scelta potesse essere sintomo di una spaccatura, parlò di normale democrazia all’interno del partito e di legittime e fisiologiche posizioni differenti. Ora le conclusioni sono state evidentemente diverse.

Non posso non rilevare un dato. Italia dei Valori non fu in grado di prendere le misure (nonostante le svariate segnalazioni mie e di tantissimi militanti) a soggetti del livello di Razzi, Scilipoti e Porfidia, di considerarli incompatibili con la propria linea politica e la propria cifra morale e, conseguentemente, di allontanarli. Ancora oggi si mostra incapace di assumere analoghe determinazioni su altri impresentabili esponenti di partito, come il deputato piemontese Porcino che a tempo perso aveva incontri con ‘ndranghetisti o altri coinvolti in vicende analoghe in Liguria. Invece, Italia dei Valori ha avvertito la propria incompatibilità con il mio impegno a poco più di un mese dalla mia elezione a Presidente della Commissione Antimafia Europea, incarico di grande responsabilità e spessore al quale ho inteso dedicarmi anima e corpo, come sempre rispondendo esclusivamente alla mia coscienza e ai cittadini italiani ed europei. Mi inorgoglisce più di ogni altra cosa la consapevolezza che questo incarico, fuori da qualunque indicazione di partito, è il frutto di una scelta maturata da tutti i gruppi politici europei, che hanno riconosciuto il valore di quanto da me fatto nei primi due anni di mandato nell’elaborazione di un progetto complessivo di contrasto alle mafie. Vado serenamente avanti, conservando intatte la mia dignità, la mia indipendenza, la mia coerenza e la mia libertà di pensiero e di scelta. I risultati del mio lavoro potranno essere valutati genuinamente, senza l’incidenza di alcuna sigla di partito.

D’altro canto, anche questa vicenda, nel suo piccolo, dimostra ancora una volta che l’attuale organizzazione dei partiti in Italia è molto indietro rispetto alle istanze della società e al comune sentire dei cittadini. E’ un tema sul quale occorrerà continuare a riflettere: quanto oggi in questo paese i partiti, per come si sono strutturati concretamente, riescono a essere compatibili con la democrazia?

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