mercoledì 16 giugno 2021

IL TRIBUNALE DI ANCONA ACCOGLIE LA RICHIESTA DI UN PAZIENTE CHE CHIEDE IL SUICIDIO ASSISTITO -

 



ANCONA -Per la prima volta in Italia un tribunale ha imposto a una Asl di verificare le condizioni di un paziente per stabilire se possa accedere al suicidio assistito. A riferirlo è l'associazione Luca Coscioni che si è battuta al fianco di Mario (nome di fantasia) perché gli venisse riconosciuto questo diritto in base a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale nella 'sentenza Cappato-Dj Fabo'. 

Mario ha 43 anni, abita in un paesino delle Marche e - riferisce l'associazione Coscioni - a causa di un grave incidente stradale che gli ha provocato la frattura della colonna vertebrale con la conseguente lesione del midollo spinale, è tetraplegico con altre gravi patologie da 10 anni. Le sue condizioni sono irreversibili. Il 28 agosto 2020 ha chiesto alla sua Asl di verificare la sussistenza delle condizioni enucleate dalla Corte Costituzionale per poter accedere al suicidio assistito.

A ottobre - spiega l'Associazione Coscioni - gli viene comunicato un diniego senza però che venissero attivate le procedure indicate dalla sentenza della Corte costituzionale. La 'sentenza Cappato-Dj Fabo' stabiliva infatti che per dar corso alle richiesta della persona interessata, in virtù di norme già in vigore nel nostro ordinamento, occorresse verificare da parte di una struttura pubblica del Ssn, previo parere del comitato etico territorialmente competente, il sussistere di 4 condizioni: che la persona fosse tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale; che fosse affetta da una patologia irreversibile; che la patologia fosse fonte di intollerabili sofferenze; che il paziente fosse pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. 


Ma la Asl ha negato persino l'attivazione delle procedure di verifica. Così, con i legali dell'Associazione Coscioni, Mario ha presentato ricorso di urgenza al Tribunale di Ancona, affinché venisse ordinato all'Asl la verifica delle sue condizioni. Ma il 26 marzo, il giudice del Tribunale ha confermato il diniego della struttura pubblica motivando che 'il Tribunale, pur riconoscendo che il paziente ha i requisiti che sono stati previsti dalla Corte Costituzionale nella sentenza 242/19 sul cosiddetto caso Cappato-Dj Fabo, afferma che 'non sussistono […] motivi per ritenere che, individuando le ipotesi in cui l'aiuto al suicidio può oggi ritenersi lecito, la Corte abbia fondato anche il diritto del paziente, ove ricorrano tali ipotesi, ad ottenere la collaborazione dei sanitari nell'attuare la sua decisione di porre fine alla propria esistenza; né può - proseguiva la sentenza - ritenersi che il riconoscimento dell'invocato diritto sia diretta conseguenza dell'individuazione della nuova ipotesi di non punibilità, tenuto conto della natura polifunzionale delle scriminanti non sempre strumentali all'esercizio di un diritto" .( Ancona today )


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