domenica 12 gennaio 2020

"SEQUESTRATA " AL PRONTO SOCCORSO PER DUE GIORNI !

Pronto soccorso sempre sotto assedio

BUSTO ARSIZIO - L signora riferisce la propri esperienza allucinante al giornale provinciale La Prealpina " .
Giovedì  mattina. La donna è sul posto di lavoro, inizia ad avvertire forti dolori all’addome, coliche sempre più insopportabili. Al telefono, il compagno le consiglia di chiamare un’ambulanza che arriva puntualmente e trasporta la paziente al pronto soccorso.di BUSTO ARSIZIO .
Sono le 14. Quando arriva, la 39enne viene accolta da un’infermiera, ma l’accettazione vera e propria avviene solo alle 14.30.
«Non riuscivo a stare in piedi, avevo dolori simili a quelli del parto», racconta. «Mi hanno assegnato codice verde, poi dalle 14.30 fino alle 19.23 sono rimasta in attesa su una barella finché non mi ha visitato un dottore. Chiedevo della Tachipirina, mi dicevano di attendere. Sono riuscita a ottenerla alle 19 perché stavo veramente male. In attesa c’era tanta gente, molti anziani. Per fare gli esami delle urine ho dovuto fare pipì nella padella tra due tende nel corridoio, imbarazzante e difficile visto il via vai di gente tutto attorno. Una signora anziana ha dovuto fare lo stesso su una barella, con due persone che facevano da scudo finché non è arrivata un’infermiera con una tenda mobile. Dicono sia la prassi perché non sempre ci sono stanze libere. Lo trovo disumano».


La donna lamenta un mancato coordinamento organizzativo: «Già quando sei in ambulanza non puoi scegliere dove andare e tutti sanno che a Busto e Gallarate le sale visita sono strapiene. A Legnano me la sarei cavata in 4 ore e sarei stata seguita meglio, come mi è già capitato. Poi non capisco perché non possano visitarti subito e prescrivere gli esami necessari: quando dopo la prima visita mi hanno mandata in reparto, da un urologo, non avevo ancora gli esiti degli esami delle urine e ancora dovevo fare quelli del sangue. Ho dovuto tornare il giorno dopo».
La signora racconta che giovedì c’erano tre codici rossi, ovvero gravi emergenze, da gestire con solo due medici di turno: «Un signore, arrivato alle 10 con una ferita alla testa, se ne è andato dopo le 14 con la ferita ancora sanguinante, perché esasperato. Ha detto che sarebbe andato altrove e ha firmato per uscire. Aveva circa 45 anni. Io sono stata dimessa alle 23.23. E mi hanno detto di tornare il mattino dopo: arrivata alle 9, me ne sono potuta andare alle 13.39. E dovrò fare altri accertamenti la prossima settimana»
«Se quando arrivi finalmente dallo specialista non hai in mano gli esami, devi aspettare ancora. Non metto in dubbio che siano sotto organico, lo sappiamo, ma altrove sono più organizzati. Oltre tutto, per la prima mezz’ora ero lì ma non esistevo, non mi hanno subito registrato. E mi hanno visitato dopo 5 ore. Il mio pensiero era per mio figlio; mi hanno detto di farlo portare lì, ma in ospedale girano germi di ogni tipo, è senza senso portare un piccolo lì dentro. Ha dovuto attendere fino a mezzanotte senza la mamma vicino. Non possono sequestrare le persone per giornate intere e poi magari ricoverarle lontano, come accade talvolta: non ci pensano alle famiglie? Ai disagi che si generano?».
Angela Grassi

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