giovedì 12 dicembre 2019

STRAGE DI PIAZZA FONTANA



MILANO Attorno alle 16.30 di venerdì 12 dicembre 1969, un ordigno di elevata potenza esplose nel salone centrale della Banca nazionale dell'agricoltura, sede di Milano, in piazza Fontana, dove coltivatori diretti e imprenditori agricoli erano convenuti dalla provincia per il mercato settimanale. Il pavimento del salone fu squarciato e gli effetti furono devastanti. La bomba uccise diciassette persone e altre novanta circa furono ferite.
Qualche minuto prima della esplosione, un altro ordigno venne rinvenuto nella sede della Banca commerciale di piazza della Scala sempre a Milano. Tra le 16.55 e le 17.30, altre tre esplosioni si verificarono a Roma: una, all'interno della Banca nazionale del lavoro di via San Basilio; altre due, sull'Altare della Patria di piazza Venezia. Questi attentati provocarono feriti e danni.
I cinque attentati del pomeriggio del 12 dicembre 1969 segnarono l'inizio di quel periodo della vita del Paese che va sotto il nome di "strategia della tensione".
Per la sua gravità e la sua rilevanza politica, la strage di piazza Fontana divenne il momento più alto di un progetto eversivo nero preparato attraverso gli altri attentati di quello stesso anno e diretto - come emerge dalle sentenze - a utilizzare il disordine e la paura per sbocchi di tipo autoritario oppure per una stabilizzazione neo centrista. Sono accertati come è scritto nella relazione della Commissione Stragi «accordi collusivi con apparati istituzionali».
Dopo aver inizialmente imboccato la "pista anarchica", le indagini si concentrarono su alcuni esponenti del gruppo padovano della organizzazione di estrema destra Ordine nuovo e coinvolsero esponenti di spicco dei servizi segreti. Il processo a carico dei responsabili della strage si svolse tra polemiche originate dalla decisione della Corte di Cassazione di trasferirne la trattazione da Milano a Catanzaro.


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