mercoledì 8 novembre 2017

AL NORD LA MAFIA NON ESISTE:IL PROBLEMA SONO GLI IMMIGRATI



Milano, bomba sotto casa vittima usura, arrestato nipote del boss
di Ester Castano

Milano, 6 nov. (LaPresse) - Ha fatto esplodere una bomba davanti alla palazzina di via Dante Alighieri 9 a Pioltello, nell'hinterland di Milano, per punire un ecuadoriano di 46 anni, padre di un ex compagno di scuola a cui aveva prestato 20mila euro con un tasso d'interesse del 60% in sei mesi. L'usuraio non è uno qualunque, ma il nipote di un boss. In manette è finito il 25enne Roberto Manno, incensurato considerato dagli investigatori vicino alla famiglia di 'ndrangheta di cui porta il cognome. Suo zio è Alessandro Manno, ritenuto capo della locale di Pioltello e per questo in carcere. L'indagine, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Monza e della Compagnia di Cassano D'Adda, è coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano. Le accuse contestate dai pm Ilda Boccassini e Paolo Storari sono di detenzione di materiale esplodente, estorsione e usura, aggravati perchè commessi con modalità mafiose. Manno, secondo la procura, non è nuovo a simili episodi di violenza: nel luglio 2015 in un parco pubblico, incurante della presenza di bambini, avrebbe sprangato un uomo che aveva con lui un debito di droga.
L'esplosione, che i magistrati definiscono "di portata devastante", è avvenuta all'interno del condominio 'Marzia' nella notte tra lunedì 9 e martedì 10 ottobre, precisamente alla 1.20 e esattamente un'ora e venti minuti dopo l'ultimo avvertimento. Secondo la ricostruzione degli investigatori, infatti, Manno avrebbe chiesto all'ecuadoriano 32mila euro in contanti a fronte del prestito usuraio da 20mila ricevuto dal figlio (coetaneo dell'arrestato) sei mesi prima. L'ordigno esplosivo, uno 'Improvised explosive device', è stato sistemato al primo piano, davanti alla porta d'ingresso dell'abitazione del 46enne che in quel momento era in casa con il figlio di 13 anni. Pochi giorni prima, Manno avrebbe minacciato il 46enne: "Se non paga il figlio, paga il genitore, e vedrai quello che ti succederà lunedì". E così è andata.
Roberto Manno è figlio del 56enne Francesco Manno e nipote del 53enne Alessandro Manno, al vertice della locale di 'ndrangheta di Pioltello: entrambi originari di Caulonia (Reggio Calabria), sono in carcere perchè condannati a 9 e 15 anni per associazione mafiosa nell'ambito dell'indagine 'Infinto'. Un "soggetto pronto a tutto", scrive sul conto di Roberto Manno il gip Paolo Guidi nell'ordinanza di custodia cautelare. L'indagine che lo riguarda ha messo in luce l'assoggettamento psicologico in cui vivevano gli ecuadoriani, consapevoli dell'appartenenza dell'indagato all'omonima famiglia di 'ndrangheta. Tanto che il 25enne strozzato è il primo a scappare dall'Italia, seguito dal padre all'indomani dell'esplosione. "La presenza della 'ndrangheta a Pioltello è un dato ormai giudiziariamente attestato, come egualmente è attestato il ruolo egemone della famiglia Manno - si legge nell'Occ - Solo in questo modo, cioè con un vero e proprio terrore, può spiegarsi come figlio e padre, dopo le minacce di cui sono stati destinatari e dopo l'esplosione, siano fuggiti in Ecuador".


Tutto ha inizio un paio d'anni fa: il figlio del 46enne apre un'agenzia di scommesse a Cologno Monzese, ma gli affari non vanno bene e chiude. Tra novembre e dicembre dell'anno scorso il giovane decide di avventurarsi nel mondo dello spettacolo come impresario di artisti. "Aveva delle conoscenze nel ramo", fa mettere a verbale il padre, che racconta: "Inizialmente gli avevo dato 25mila euro vinti con le scommesse sportive". Il primo concerto va bene, ma il seconto è un flop e al terzo la perdita è di circa 70mila euro. A quel punto il giovane chiede aiuto a una vecchia conoscenza: Roberto Manno. I due, stando alle dichiarazioni del padre, erano andati insieme a scuola e a marzo 2017 l'ex compagno di classe gli offre 20mila euro per risollevarsi. Ma non si tratta di un gesto di generosità tra amici d'infanzia. I mesi passano e il ragazzo non è in grado di restituire la somma, che lievita a 32mila euro. E' così che "Manno obbliga mio figlio a fare truffe in compravendita di autovetture", racconta il genitore. Poi, quando le minacce si fanno più insistenti, lascia la Lombardia e scappa in Ecuador. A Pioltello, però, resta il padre. E a casa della famiglia le visite e telefonate di Manno diventano sempre più insistenti.
"A Pioltello la vita è diventata per me invivibile (...) Viviamo in un clima di terrore", si confida con gli inquirenti la moglie del 46enne che, con un biglietto per Quito in tasca, è pronta a raggiungere il marito in Ecuador. L'uomo era arrivato in Italia nel 2009, precisamente a Pioltello dove già viveva la sorella. Trova da subito lavoro come muratore in imprese edili della zona e quando, dodici anni fa, la sua situazione economica si stabilizza, compra l'appartamento di via Dante Alighieri 9 per la famiglia che nel frattempo emigra dal Sud America. "A Pioltello tutti sanno che i Manno sono gente pericolosa - continua la donna - Quando ai Manno si toccano i figli non si fermano davanti a niente". Il 10 ottobre l'esplosione distrugge le finestre del condominio di via Dante Alighieri. Tutti i 27 condomini svegliati nella notte vengono evacuati, e nei giorni successivi il Comune, che dichiara inagibile lo stabile, prende in carico le 12 famiglie residenti, ad oggi senza casa. Testimoni subito dopo aver udito il tonfo notano due persone incappucciate fuggire. La natura del gesto appare da subito dolosa. "Roberto Manno - scrive il gip Guidi - ha seriamente rischiato di uccidere persone che nulla avevano a che fare con tutta la vicenda".

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