mercoledì 6 settembre 2017

" in questa italia ...sorvegliante notturno a 280 euro per 15 diorni



MARINA DI PIETRASANTA. Oggi, dice, vede tutto nero. «All’età che ho, senza soldi, senza lavoro, abbandonato dalle istituzioni. Mi sento perso, capisce? Moralmente a terra. Non so cosa fare». Ci mette nome e cognome Maurizio Novelli, nel raccontare la sua storia a Il Tirreno. Ha 46 anni e giovedì ha lasciato il suo lavoro come vigilantes (non armato) negli stabilimenti balneari di Marina di Pietrasanta. Ha scelto lui di andarsene, prima della scadenza del contratto (avrebbe finito il 30 settembre).

Forse non poteva fare altrimenti: prendeva 5 euro all’ora, per lavorare da mezzanotte all’alba, 750 euro al mese, 250 buttati nella benzina. «Mi sentivo uno schifo», dice. Sfruttato, «come se non fossi nemmeno una persona. Arrivi a un punto in cui non ne puoi più di umiliarti». Quello era il suo punto, la fine di un rullino di mortificazioni di un operaio super-qualificato sbattuto fuori da un mondo del lavoro trito.

La sua storia di lavoro inizia negli anni Ottanta. Gli anni della ripresa delle imprese italiane dopo la crisi petrolifera, il boom edilizio. «Il lavoro si trovava facilmente e soprattutto l’operaio era rispettato dal datore di lavoro». Lavora per anni come muratore e imbianchino, poi come macchinista in una ditta di cartotecnica di Capannori dove rimane sedici anni. Nel frattempo nasce suo figlio, che adesso di anni ne ha 22.


Poi la crisi del 2008, la ristrutturazione aziendale qualche anno dopo. «Avevano proposto una buona uscita e ne approfittai». Con i soldi della liquidazione apre un’attività di imbianchino che però dura solo due anni. La crisi si mangia anche quella. «Chiusi in negativo, anche se non di molto». Si ritrova quindi senza lavoro a un’età in cui avrebbe voluto solo racimolare i soldi per far studiare il figlio. Cerca un nuovo impiego, passano otto mesi. «Non è così facile superati i 40 anni».
Poi lo trova. A tempo indeterminato nei cantieri navali di Pisa per una ditta di Massarosa. Che fortuna, si dice. «Dai che la ruota gira un’altra volta». E invece no. In tre mesi non vede uno stipendio. «Mi diedero solo un acconto di 800 euro». E aspetta. Continua a lavorare un altro mese, due, tre, quattro. Il dieci del mese sempre e solo una busta con dentro 150 euro, a volte 200. «Dopo sette mesi decisi di andarmene. Perdevo solo tempo», racconta. Oggi deve ancora prendere quasi 7mila euro da quella azienda.

Intanto, però, ricomincia la trafila. Di nuovo senza lavoro, senza un euro, a maledire sempre di più la vita. Rinuncia a tutto. Le cene, il cinema, vende la macchina. Rimangono con una macchina in tre: lui, il figlio e la compagna. «Una volta siamo rimasti due giorni senza elettricità perché non avevamo pagato la bolletta. Non avevamo soldi». Manda curriculum, gira per le aziende, implora lavoretti.
Ma nulla, per un anno e mezzo. «Poi salta fuori questo lavoro per una società di Pontedera per la sorveglianza notturna in 5 stabilimenti bagni della Versilia – racconta –. Stagionale, ma meglio di niente». Al colloquio i responsabili rimangono vaghi sullo stipendio. «Varia in base alle ore fatte», gli dicono. «Mi hanno detto che avrebbero pagato dai 5.50 ai 6.50 euro all’ora e ho pensato che 6. 50 fosse la retribuzione per il servizio notturno, ossia quello che avrei fatto io. Poco, sì. Ma anche in questo caso meglio di niente».
Inizia. Lavora tutti i giorni, anzi tutte le notti, 6 ore a turno, mai un giorno libero. San Giuliano Terme-Pietrasanta e ritorno. Torcia sempre puntata sulla spiaggia, caffè su caffè per rimanere sveglio. Torna a casa quando la compagna si sveglia. Si sveglia quando è già quasi buio. «Alla fine del mese sono stato contattato dai datori di lavoro per prendere i soldi dei primi 15 giorni – ricorda –. Mi hanno dato 280 euro dicendomi che si trattava solo di un rimborso spese». Poi passa tutto luglio, la busta paga arriva solo ad agosto e scopre la sua retribuzione: 5.06 euro all’ora, meno del minimo che aveva previsto.
«E allora mi sono detto che a 46 anni, dopo 30 anni di lavoro, non posso permettergli di trattarmi come uno schiavo. Mi sono licenziato». Fa una pausa, poi riprende. «Però poi mi sveglio con quell’ansia che prende allo stomaco del non sapere se ci sarà una via di uscita. E ti dici: capisco perché la gente arriva a gesti estremi».

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