sabato 15 luglio 2017

TURISMO IN ITALIA : Considerazioni di Renato Andreoletti

Venezia – Veduta

Italia, amor mio…
L’Italia è il paese dei paradossi. Ci siamo abituati. Ci conviviamo, volenti o nolenti, ma mai rassegnati. L’ultimo paradosso riguarda i flussi turistici che in molte destinazioni, come Roma, Firenze, Venezia, sono diventati debordanti al punto di conquistarsi le prime pagine dei giornali e dei telegiornali. C’è chi si sta strappando i capelli (io no: non li ho…). Chi vorrebbe mettere i carri armati sul ponte della Libertà per chiudere Venezia (scherzo, non siamo austriaci…). In realtà, è meglio avere problemi come questi che l’opposto. Se i turisti non ci fossero, le città sarebbero tranquille, belle, linde, ma anche economicamente povere con una disoccupazione drammatica, con negozi, bar, ristoranti, alberghi desolatamente chiusi (chiedete agli egiziani di Sharm el Sheik, ai tunisini, ai libici, ai siriani, agli irakeni, agli israeliani). Meglio avere problemi di abbondanza che di carestia. E’ banale ma a volte è meglio ricordarlo. I veneziani per quattro volte hanno votato per dividersi da Mestre: ha sempre prevalso il no. Oggi si ritrovano a vivere in una città museo dove appartamenti e b&b hanno divorato la gran parte delle possibili locazioni da affittare ai residenti. Il 22 ottobre assieme al voto per l’autonomia del Veneto pare ci sarà un nuovo tentativo per dividere i destini di Venezia da Mestre. Potrebbe essere troppo tardi.
Il problema degli appartamenti non riguarda solo Venezia: Roma, Milano, Firenze ma anche tante altre città sono alle prese con un fenomeno che è diventato debordante solo per la complicità interessata di parte della politica che ha subito gli interessi di alcune lobby (proprietarie di appartamenti sfitti) eliminando la clausola (che era legge fino a pochi anni fa) che impediva di affittare appartamenti per meno di 30 giorni di durata. Ci sono problemi di sicurezza (un condominio non è un albergo, un gestore di appartamenti non è un albergatore), di evasione fiscale, di impatto urbanistico.
Quali sono allora i veri problemi da affrontare? Quelli di governare un fenomeno, il turismo, che è diventato sempre più importante per l’economia, per la cultura, per i rapporti antropologici tra residenti e ospiti (anche i residenti italiani quando sono fuori delle loro città sono ospiti anche se a volte si comportano da cavallette...). Il turismo in Italia è diventato un fenomeno assolutamente orizzontale, che coinvolge e influenza quasi tutti i comparti economici del Paese dalle infrastrutture all’ambiente, dall’agricoltura all’artigianato, dalla cultura all’industria manifatturiera, dal commercio all’informazione, dall’istruzione alla formazione. L’Italia è un Paese turistico non solo perché ha il più grande patrimonio culturale e storico per singolo Paese, certificato dalla prima posizione nel Patrimonio dell’umanità Unesco, perché ha un patrimonio enogastronomico non meno unico e originale (nessuno al mondo ha un corpus di ricette analogo al nostro: oltre 60.000), perché ha un clima temperato che garantisce la possibilità di fare turismo per la gran parte dell’anno, perché offre un prodotto turistico completo, dall’arco alpino alle terme, dall’Appennino a 6000 chilometri di coste, dai 20.000 borghi storici (dubito che esista un altro paese al mondo con una simile offerta) a un patrimonio di isole non meno unico, il tutto facilmente accessibile (Angkor Wat in Cambogia non vale meno di Pompei ma provate ad andarci, idem Machu Pichu…). 



Quel che intendo spiegare è che il turismo in Italia oggi ha sostituito l’industria manifatturiera tradizionale (dalla chimica all’automobile, dal tondino d’acciaio al tessile, dalla ceramica all’edilizia) come comparto strategico attorno al quale ridisegnare il futuro del nostro Paese. Lo hanno capito a Milano dove è in atto una incredibile rivoluzione urbanistica all’insegna del vetro e dell’acciaio, ma soprattutto del bello (con l’aiuto di personaggi come Renzo Piano, Arata Isozaki, Zaha Hadid, Daniel Libeskind) che ha contribuito non poco a trasformarla in una destinazione turistica leisure che ha stupito gli stessi milanesi. Lo hanno capito a Torino dove hanno rinforzato e rivisto lo splendido apparato museale con punti di forza come il Museo del cinema, il Museo dell’automobile, il fantastico Museo Egizio (secondo al mondo dopo quello del Cairo) inserendolo in una città rivista e migliorata sotto tutti i punti di vista.
Lo ha capito il Ministro della cultura Dario Franceschini che ha affrontato con coraggio il problema della gestione di musei e siti archeologici puntando su criteri internazionali per trovare manager che fossero professionalmente preparati ma soprattutto disposti a lanciare il cuore oltre gli ostacoli, che in Italia spesso sembrano montagne. Franceschini ha vinto e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Quel che manca è un Ministero del turismo con deleghe adeguate per coordinare l’attività delle regioni e dare al turismo italiano un governo che sia nazionale nella sua promozione, sotto l’emblema del tricolore e all’insegna del brand ITALIA, ma nello stesso tempo articolato e rispettoso del Genius Loci dei territori italiani, di una biodiversità culturale che va protetta e garantita. Il turismo italiano ha bisogno di un governo sensibile alle diversità, capace invece di omologare ciò che deve essere garantito a chi viene in Italia: qualità e sicurezza delle strutture, professionalità e correttezza degli addetti ai lavori.
I flussi in eccesso possono e devono essere governati con intelligenza discriminando il turismo mordi e fuggi, facile da individuare e respingere (i turisti della schiscetta non sono esuli politici…), ma soprattutto costruendo prodotti turistici di ultima generazione dove la tecnologia aiuti a rendere ancora più fruibile ed entusiasmante la memoria che l’Italia propone all’intero mondo non solo nei suoi musei e siti archeologici ma anche sull’angolo di quasi ogni strada dei nostri borghi turistici. Realtà aumentata, 3D, ologrammi, multimedialità devono essere dispiegati per creare un valore aggiunto turistico che poi va commercializzato senza timidezza imparando dai nostri cugini francesi come si fa a vendere soprattutto quando, all’opposto di quanto a volte accade da loro, hai prodotti davvero unici e originali. Diamo vita ai Bronzi di Riace nel Museo archeologico di Reggio Calabria (oggi costretti a fungere da comparse per i selfie di chi li va a visitare), diamo vita ai 1000 anni di storia di Venezia (non esiste un luogo in cui sia raccontata la sua storia), di Genova, della Magna Grecia, dell’Italia bizantina (quanti conoscono il passato bizantino di Napoli?), di quella islamica in Sicilia.
Non è vero che in Italia potremmo vivere solo di turismo. E’ vero però che il turismo potrebbe aiutarci a vivere molto meglio, noi e i nostri ospiti.

Renato Andreoletti ( direttore di HOTEL DOMANI )

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