sabato 8 ottobre 2016

PROSCIOLTO L'INDIANO ACCUSATO DI VOLER RAPIRE UNA BIMBA ----MA E' GIA' STATO ESPULSO !



Ragusa - E ora? La lista delle persone che dovrebbero scusarsi è infinita.Eppure guardiamo la vicenda da altro punto di osservazione: quello delle persone a cui chiedere scusa.
Il principale destinatario si chiama Ram Lubhaya, 43 anni. Ma sarà alquanto improbabile che potrà ricevere le scuse, semmai qualcuno volesse domandargliele. Perché non si sa più dove sia andato a finire.
Lubhaya, chi è costui? Il suo nome l’avevamo quasi dimenticato. Tutti. Perché è ormai passato alla storia come «l’indiano di Scoglitti». L’uomo, accusato di aver tentato il rapimento di una bambina di cinque anni, lo scorso 16 agosto sul lungomare della frazione marinara di Vittoria. Poche ore dopo il fermo, Lubhaya (irregolare, perché senza permesso di soggiorno da 10 anni) fu scarcerato. Seguì un putiferio giuridico, politico e mediatico. In quei giorni si moltiplicarono i giustizialisti da Bar dello Sport. Soprattutto sui social network: pericolose armi di distruzione di massa, per maneggiare le quali ci vorrebbe una licenza rinnovabile dopo esami periodici di salubrità mentale.
Il primo a lasciarsi andare era stato il ministro degli interni, Angelino Alfano, che annunciando con grande enfasi l’espulsione, aveva già emesso una sua personale sentenza sulle responsabilità del cittadino straniero: «Oggi abbiamo espulso dal territorio nazionale il cittadino indiano Ram Lubhaya che il 16 agosto scorso si era reso responsabile, a Scoglitti, in provincia di Ragusa, del tentato sequestro di una bambina di età inferiore ai 14 anni», disse l’esponente del governo Renzi.
L’accanimento mediatico e politico contro il magistrato che decise di rilasciare lo straniero, non avendo rilevato elementi che giustificassero la custodia cautelare, aveva portato addirittura all’invio di ispettori alla Procura di Ragusa da parte del ministro Andrea Orlando.



E nessuno potrà chiedergli scusa. Così come nessuno, ieri, s’è nemmeno vagamente preoccupato di abbozzare un seppur tardivo mea culpa per l’aggressione ai magistrati ragusani. Nessuna sorpresa dai parolai che sotto l’ombrellone sono sempre connessi su Facebook, pur senza sfogliare un Bignamino di procedura penale. Silenzio anche dal governo. Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, anziché la «solidarietà» auspicata da Petralia, fece arrivare gli ispettori; il titolare del Viminale, Angelino Alfano, s’affrettò a espellere l’indiano irregolare. E alo stesso governo, ieri, il procuratore riserva parole tutt’altro che rancorose: «Se il sistema funzionasse sempre con l’efficacia dimostrata in questo caso, si eviterebbero molti problemi». Una lezione di stile.
Come quella di Giorgio Assenza - deputato regionale di Forza Italia e presidente dell’Ordine degli avvocati di Ragusa, dunque per doppia definizione tutt’altro che giustizialista - quando ammette che «questa storia è stata più mediatica che giudiziaria», denunciando «una desolante mancanza di conoscenza dei fatti, soprattutto da parte di chi ha fatto speculazione politica».
Chissà che ne pensa Lubhaya. Assolto in contumacia. A sua insaputa.

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