giovedì 23 aprile 2015

ENRICO MENTANA E GLI INCIVILI

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Ieri Enrico Mentana aveva pubblicato su FB un post in cui ricordava il nonno emigrato in America .

1905. 1 agosto. Registro di Ellis Island. Migranti in arrivo dall'Italia. Numero 13: Mentana Enrico. Mio nonno. Forse quando lui e altre centinaia di migliaia di Italiani, accatastati nelle stive dei piroscafi, emersero sul ponte a vedere l'America, le reazioni dei newyorkesi furono sprezzanti come quelle che leggo in questi giorni sui social network. Molti degli intolleranti di oggi discendono anche loro da quei disperati di un secolo fa. Gli Stati Uniti accolsero 4 milioni di italiani in 35 anni. Avevano fame, volevano vivere.
Poichè gli sono arrivate alcune considerazioni ( le solite ) oggi ha risposto così 

Come era facile prevedere, un ricordo personale è stato trattato come una rubrica tipo "Caccia all'errore" o "Trova le differenze"... Leggo incredibili rivelazioni, come "Ma l'America di un secolo fa era diversa dall'Italia di oggi" oppure "E' dieci volte più grande del nostro territorio", o ancora "C'era bisogno di manodopera" e "Potevi entrare solo se avevi i documenti!". Davvero, non lo sapevo. Ironie a parte, non si è colto, non si è voluto cogliere, il solo aspetto che mi interessava. E' significativo che l'unico paragone che si è fatto, o quasi, da parte dei critici è tra l'America di allora e l'Italia di oggi, tra gli americani che ricevevano i nostri avi allora e noi che vediamo arrivare i migranti dal sud Mediterraneo: come un rifiuto a paragonare i disperati del nostro tempo con i disperati di inizio Novecento, tra i quali milioni di italiani. E qui non importa dove cercavano di arrivare, e come, ma da cosa fuggivano: dalla miseria, dalla fame e dalla morte. Allora come oggi, allo stesso modo. So anch'io benissimo che l'Italia non sarebbe in grado di ospitare che una minima parte dei migranti in arrivo, che non abbiamo il lavoro, l'organizzazione e le strutture per farlo, e sarei un ingenuo a scrivere il contrario. So benissimo che tutta l'Unione Europea, paese per paese, deve fare la sua parte, e finora non l'ha fatta. Ma trattare da incapaci, fannulloni e profittatori uomini, e donne e bambini che vengono da paesi in guerra o devastati dalla siccità, e perfino fare spallucce di fronte alle tragedie come quella dell'altro giorno, è qualcosa di diverso dal manifestare un'opinione: è una devastante regressione civile.


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